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Il mondo delle palestre e del fitness in generale, specie nell’era moderna, si è visto inondare e quasi distruggere nella sua professionalità dalla miriade di novità che ogni giorno venivano fuori dalla mente di qualche genio, preparatore fisico, laureato in scienze motorie, oppure da semplici clown di sala, per cercare di dare novità, freschezza e una buona dose di fumo negli occhi ai clienti dei diversi centri, che abbagliati dalla luce di qualche nuovo corso, metodo, alchimia ecc… avrebbero potuto trovare una nuova gioia, ormai perduta negli anni, nel frequentare corsi prestampati, il mitico 4×10, o nel dover semplicemente applicare metodi propinati da magici personal trainer, aventi come bagaglio di conoscenza ed esperienza due anni di sala attrezzi, un corso di un fine settimana della federazione “FRTIEOPV” ed un bel fisico muscoloso e asciutto.
Quindi, in una tale anarchia il Functional Training ha corso il rischio di perdersi tra le diverse tendenze e mode che ogni giorno saltano fuori.

Introduzione

Si può affermare che il Functional Training è fisiologia!
Consiste semplicemente nel somministrare al corpo stressors che vadano ad incrementare i diversi parametri fisiologici, non colpendo il sistema da un unico “lato”, ma facendo arrivare orde di stimoli a cascata.
Quindi, in tale contesto, ben vengano metodi che usino principi propri del Body Building, del Weightlifting, kettlebell, atletica, ecc… lo stimolo in tal senso deve essere teso ad aumentare tutti i parametri da un punto di vista estetico, salutistico e funzionale.
A chi non è mai capitato di vedere mostri di ipertrofia che non riuscivano neanche a fare una trazione alla sbarra?
Nuotatori che avevano un massimale di squat equivalente al peso di un litro d’acqua?
A Runners che avevano la stessa coordinazione di un atleta della forchetta?
O di qualche persona dedita ai sovraccarichi che non riusciva neanche a piegarsi in avanti per toccare con i palmi delle mani le proprie tibie?

Quindi l’allenamento funzionale è una moda od una necessità?

La risposta potrebbe essere già scontata nell’affermare che l’allenamento funzionale è fisiologia, ovvero che tende allo sviluppo di tutti quei parametri capaci di rendere pronto, da un punto di vista muscolare, coordinativo ecc… tutto il sistema ad ogni tipo di lavoro proposto.
Per cui, tale metodo dovrebbe essere visto e spulciato in tutte le sue accezioni, scopi ed obiettivi.

Quali obiettivi

  1. DIVERSIFICAZIONE DEGLI STIMOLI ALLENANTI.
    L’intento è quello di creare una macchina capace di adeguarsi ad ogni situazione, dal poter sollevare un carico massimale, allo spostarsi velocemente, al saltare più in alto possibile, ma anche a fare una spaccata frontale.
  1. PER IL RECUPERO MENTALE E FISICO.
    Si pensi ad un atleta specialista di lancio del giavellotto, getto del peso, o a un corridore.
    Tali soggetti passano la maggior parte dei loro allenamenti ripetendo sempre lo stesso gesto, con le dovute differenze in base al periodo agonistico e alle scelte dell’allenatore.
    Si può immaginare quale stress possa essere per la mente ripetere una sequenza motoria fino all’esasperazione – certo per raggiungere la maestria sportiva è essenziale – ma senza dubbio bisogna ammettere che per quanta passione si possa avere, per quanta carica agonistica si abbia a disposizione, la noia può cominciare a fare capolino.
    Si pensi anche allo stress imposto alle strutture deputate all’esecuzione e stabilizzazione del movimento (muscoli, tendini, capsule articolari, cartilagine, legamenti..), nel ripetere sempre gli stessi angoli di lavoro, gli stessi carichi (quasi sempre), la stessa applicazione della forza.
    Tutto ciò significa ripetitività, il che vuol dire essere esposti ad usura, quindi ad infortunio.
  1. PER UN MAGGIORE STIMOLO COORDINATIVO.
    Maggiore è il vissuto motorio della persona o atleta che sia, maggiore sarà il rendimento, sia davanti ad un compito motorio già acquisito, quindi strutturato a livello coordinativo, sia al presentarsi di una situazione nuova.
    Inoltre, i veri incrementi prestazionali quando si lavora con attrezzi o semplicemente con qualunque gesto che faccia parte di un allenamento in generale – sia quando si parli di ipertrofia, delle diverse componenti della forza, che delle diverse componenti della resistenza – può avvenire in modo efficace quando il sistema nervoso ha già assimilato il movimento, quando ha già eliminato le componenti superflue e di adattamento al compito.
  1. ALTRE ESIGENZE FISIOLOGICHE.
    Qui di esempi se ne possono fare a bizzeffe, cominciamo con la tanto agognata massa muscolare, meta ambita dalla maggior parte degli utenti delle sale attrezzi. L’ipertrofia è nient’altro che l’aumento delle proteine contrattili, del sistema connettivale, della rete capillare e dei depositi energetici a livello del muscolo, a cui partecipa, da quanto si è mostrato recentemente anche dall’aumento delle fibre muscolari stesse, l’iperplasia.
    A parte questa eccessiva semplificazione, la massa muscolare può avere finalità puramente estetiche, parliamo allora dell’ipertrofia estetica, od essere necessaria per svolgere una data attività, in tal caso detta ipertrofia funzionale. La prima utilizza i metodi propri del Body Building e va alla ricerca del volume e della proporzione tra i diversi distretti del corpo. L’ipertrofia funzionale, invece, è specifica per ogni sport, per ogni tipo di attività, e si adegua quindi alle richieste specifiche e tende ad un optimum peculiare per ogni attività sportiva.
    Ora, l’aumento della massa muscolare, momento cardine per ogni preparazione fisica che si rispetti, sia che si tratti poi di estetica o funzionale, può accompagnarsi ad alcuni problemi, come ad esempio degli squilibri tra i diversi muscoli, esacerbazione di alcuni paramorfismi ed alterazioni posturali.
    Ancora, il lavoro con i sovraccarichi, come si conosce ormai benissimo, durante le contrazioni muscolari limita e a volte impedisce in alcune fasi la circolazione sanguigna, è risaputo che una contrazione già del 20% di 1RM inizia a creare problemi al circolo arterioso in un determinato distretto, e al 50% di 1RM vi è completa occlusione dei vasi.
    Ancora, la cintura da sollevamento peso e la manovra di Valsalva, espedienti utilizzati in qualsiasi lavoro con i pesi di una certa rilevanza, esplicano la loro funzione attraverso l’aumento della IAP (intra abdominal pressure) che si stima intorno ai 0-3 mmHg, e si instaura in un limite fisiologico entro i 10 mmHg, con le dovute differenze dovute alla sede di misurazione, posizione del paziente, fase respiratoria, ec…può essere aumentata dalla tosse, dal vomito, starnuti, defecazione, dalla manovra di Valsalva prima citata e dall’attività fisica, durante la quale può arrivare a picchi di anche 100 mmHg.
    Alcune attività, quindi, possono portare ad alzare la pressione sanguigna, intratoracia, intraddominale ecc… portare a diminuzione, certo brevissima, del reflusso di sangue al cuore; con la possibilità inoltre di poter così aumentare problemi nel caso vi siano emorroidi, ernie iatali, ecc… diversificare lo stimolo in tutti questi casi, adeguando tempi di recupero, stimoli che tendano a rafforzare i vari sistemi, potrebbe essere utile in un quadro di prevenzione e mantenimento di tutti questi parametri sotto il giusto controllo.
  1. ECCELLENZA TECNICA.
    Durante il mio percorso, sia di studio che lavorativo, ho potuto notare con una certa consuetudine che i luoghi comuni che permeano l’utilizzo dei sovraccarichi sono molto più voluminosi e concreti rispetto a quelle che sono le nozioni di fisiologia e biomeccanica o qualsivoglia scienza tangibile; da qui i vari guru che attraverso il passaparola sono diventatati dei mostri di conoscenza di notizie sbagliate, ma che in alcune palestre sono osannati come Dei, con le loro “parolacce” che ancora oggi risuonano nei centri sportivi come perle di sapienza.
    A proposito di questo, mi sono imbattuto più di una volta in personaggi che mi parlavano di esercizi per dimagrire, esercizi per fare massa, Squat da Powerlifting, Squat da Body Building!
    Ma qualunque esercizio si faccia, a parità di velocità, intensità e volume, il sistema energetico utilizzato non è sempre lo stesso? La contrazione muscolare non è sempre quella? Le proteine contrattili non scorrono allo stesso modo? Quindi perché con un esercizio a parità di parametri dovrei dimagrire e con un altro dovrei crescere a dismisura?
    Poi Squat da Powerlifting e Squat da Body Building, Stacco da Body Building, Stacco da Powerlifiting! Come se la biomeccanica cambiasse le sue regole nei due diversi sport. Le due attività sicuramente attraverso lo stesso mezzo (Sovraccarichi), cercano di raggiungere obiettivi diversi.
    I Body Builders di solito lavorano con un numero di ripetizioni medio-alto, suddividono l’allenamento in split-routine, lavorano sia con esercizi multi articolari che di isolamento, si sottopongono a lavori in cui la fatica viene cumulata, creano lesioni alla struttura muscolare stessa per ottenere una supercompensazione finalizzata all’esasperazione dei volumi muscolari.
    I Powerlifters. invece, lavorano con un numero di ripetizioni basso, utilizzano prettamente esercizi multi articolari (gli esercizi di isolamento sono usati in genere per allenare i muscoli ausiliari e stabilizzatori), cercano di non cumulare la fatica, obiettivo cardine del loro lavoro è alzare carichi mostruosi.
    Forse da questo nasce il fraintendimento, i Powerlifters per riuscire a spostare tutto quel peso devono curare il gesto fino all’esasperazione, con un’acribia maniacale. Ai Body Builders invece, forse può essere concessa qualche imperfezione… e dico forse può essere concessa, perché, per ottenere muscoli enormi il carico, anche nel loro caso deve essere mostruoso: che muscoli si possono guadagnare con un esercizio fatto alla meno peggio e con dei carichi da lanciatore di coriandoli professionista?

6. CUORE.

Ogni organo ed apparato del nostro organismo si adatta, così come il muscolo scheletrico, al tipo di stress imposto. Nella fattispecie il cuore, come pompa del sangue, nell’espletare le sue funzioni può andare incontro a modificazioni che sono peculiari per gli sport di resistenza e di forzapotenza con un aumento dimensionale delle sue cellule (miociti).
L’ipertrofia ventricolare è un meccanismo attraverso il quale il cuore si adatta a qualsiasi tipo di sovraccarico cronico, di volume o pressione. Consta essenzialmente in un aumento del numero delle fibre muscolari, mentre il numero delle cellule rimane invariato.
I tipi di ipertrofia sono essenzialmente due: ipertrofia concentrica ed ipertrofia eccentrica.
L’ipertrofia eccentrica è l’aumento delle fibre in serie, per cui le fibre risulteranno più lunghe e la cavità ventricolare più grande. Qui si assisterà ad un aumento del volume cardiaco conservando una pressione telediastolica normale; tale meccanismo è tipico dei lavori di volume. Tale compenso sarà accompagnato da aumento delle dimensioni delle coronarie per irrorare maggiormente il cuore stesso. Lo stesso vale per le vene, per sostenere il loro lavoro e la loro funzione di allontanamento degli scarti metabolici. Si assisterà contemporaneamente anche ad una diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. Gli sport di resistenza, ovviamente, produrranno modificazioni anche a livello degli altri sistemi.
Nell’ipertrofia concentrica, invece, l’aumento delle miofibrille avviene in parallelo, con la conseguenza, in tal caso, che le fibre diventano più spesse, il che porterà a sua volta ad un ispessimento della parete cardiaca stessa, con un volume ventricolare che può anche ridursi. Tale adattamento è tipico dei pesisti, in cui il sistema deve vincere alte pressioni. Tale compenso sarà sempre accompagnato da adattamenti periferici, quali l’aumento dimensionale di arterie e vene, ma con uno sviluppo non sempre adeguato del microcircolo. A riposo, in tali categorie di atleti non si riscontrano modificazioni apprezzabili, in quanto la frequenza cardiaca resta uguale o leggermente diminuita, la pressione arteriosa uguale o leggermente aumentata; si sono misurati incrementi pressori nei pesisti sotto sforzo, fino a 480 mmHg per la pressione sistolica e di 390 mmHg per la diastolica.
Inoltre in seguito a tali stimolazioni il cuore può passare dall’avere un metabolismo completamente aerobico che sfrutta gli acidi grassi, ad uno prevalentemente anaerobico, ovvero che sfrutta zuccheri.
Quest’ultimo tipo di ipertrofia ai fini di funzionalità è meno favorevole al lavoro cardiaco, in quanto:

  • riduce l’apporto ematico alla fibra.
  • Aumenta la componente fibrosa per cui darà una diminuzione della contrattilità e della distensibilità.

Da qui ancora il nostro Functional, per mantenere il cuore in forma, perfettamente funzionante con il nostro sfruttarlo, sia da un punto di vista aerobico, sia con richieste peculiari degli sport di forza-potenza.

7. DENSITA’ OSSEA

L’osso, a differenza di quanto può sembrare, non è un connettivo statico, ma comunemente a tutti gli altri tessuti dell’organismo è soggetto a continuo rinnovamento.
Nel corso della vita di un individuo, la sua strutturazione, il suo contenuto minerale, quindi la sua resistenza, cambiano.
Possiamo avere tre momenti fondamentali nella formazione ossea.
1) Un primo momento di crescita vera e propria, i primi 30 anni più o meno! Questo è il momento fondamentale! In questi anni si forma la massa ossea reale, inoltre dalla quantità di massa ossea accumulata in questo lasso di tempo dipenderà la qualità delle nostre ossa in futuro. In questo periodo ci sono momenti critici importanti per la costruzione di questo tessuto, ovvero l’adolescenza: in questo periodo riscontriamo la massima produzione ti tessuto osseo, con il picco di massa ossea, questo deve essere il periodo della prevenzione, per poter affrontare una vecchiaia in forza. Seconda tappa di tale momento ed esclusivamente appartenente alle donne, è rappresentato dalla gravidanza e dall’allattamento, un bimbo dove lo prenderà il calcio secondo voi? Dai depositi della madre, che guarda caso sono localizzati proprio nelle ossa e nei denti per il 98-99% e per l’1% nel liquido interstiziale.
2) Un secondo periodo che rappresenta una fase di stallo o plateau, in cui metabolismo osseo tende ad essere in pari tra sua distruzione e costruzione.
3) Terzo momento, dove riscontriamo un metabolismo in perdita, ovvero con una massa in catabolizzazione maggiore rispetto a quella costruita e dove si paga lo scotto della vita vissuta in gioventù. Nell’uomo questo declino è molto più lento, nella donna invece trova una spinta tremenda nella menopausa.
Tutto questo può avere differenze in base al sesso, l’età, la razza, lo stile di vita, l’alimentazione, e lo sport praticato.
Quali sono gli sport in cui gli atleti hanno massa ossea minore?
Nuoto, ciclismo, sport di resistenza in generale!
E gli sport i cui atleti hanno massa ossea maggiore?
Pesisti in genere, velocisti, sport di forza in generale!
Ma tutti i medici (tranne qualcuno per fortuna) non consigliano di fare nuoto a tutte le signore in menopausa, sconsigliando i pesi neanche fossero una brutta malattia?
Tutto quello che è lavoro a catena cinetica chiusa, lavoro contro gravità e contro forti resistenze è la base per la costruzione e il mantenimento di un tessuto osseo sano.
Qui il nostro funzionale può lavorare? Ovvio! Quindi diamoci sotto con i pesi, con le corse veloci, con i movimenti esplosivi, il tutto con il raziocinio ed il dovuto rispetto alla categoria di utenti che si troverà a ricevere i nostri servizi.

8. PER GLI ANZIANI.

Sono molte le modificazioni indotte dalla senescenza sugli organi e apparati; quello che più interessa nell’ambito del nostro settore è la sarcopenia senile, che porta ad un decadimento prestazionale, coordinativo con un quadro predisponente agli infortuni.
Per la popolazione che supera i cinquant’anni, il numero di unità motorie rapide diminuisce leggermente, per avere, dopo tale periodo una perdita del 10% ogni 10 anni. Tale fenomeno pare sia dovuto principalmente alla perdita di motoneuroni alfa, al calo della produzione degli ormoni anabolici, alla perdita di contrattilità delle cellule muscolari e ad una maggiore produzione di citochine cataboliche. Inoltre, alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che ogni cellula dell’organismo abbia una dimensione minima geneticamente definita e che muoia quando scende al di sotto di tale volume critico.
Cosicché si andrà in contro ad una diminuzione di materiale contrattile e alla sostituzione delle fibre perse con tessuto adiposo e connettivo.
Nel giovane, ovviamente con le dovute differenze, la disposizione delle fibre tra tipo I e tipo II all’interno di un muscolo può, essere definito a “scacchiera”, ovvero dall’ ubicazione e dall’alternanza più o meno omogenea di tali fibre, che poi nell’età avanzata mostrano una disposizione a “zolle”, con isolotti sparsi di isoforme rapide e lente.
Le unità motorie più colpite da tale fenomeno sembrano quelle rapide, forse più sensibili al non uso, ed anche perché la soglia di attivazione dei motoneuroni che le governano sono più alte.
Qui entra ancora in gioco l’allenamento funzionale, con stimoli di tipo aerobico, per contrastare l’involuzione del sistema cardiocircolatorio, stimoli anaerobici per contrastare la perdita di FT, e coordinativi per cercare di mantenere il più ampio possibile bagaglio motorio da un punto di vista coordinativo.

Conclusioni

Le mie spiegazioni riguardo la validità dell’allenamento funzionale sono queste, e di sicuro molte altre si possono trovare.
Lavorare con queste basi di sicuro apre le porte agli operatori del settore, per ampliare il bagaglio di conoscenze e metodi applicabili a più categorie di utenti, sia agonisti che non, giovani e meno giovani, uomini e donne. Di poter usare i principi della fisiologia per addestrare la macchina umana a fare meglio e per più tempo, nel rispetto della sua natura e delle leggi biologiche che la governano.

 

A cura del dottor Dario Mirra
Tratto da www.my-personaltrainer.it

 

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