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La vogliamo definire la moda attuale della corsa? Se i praticanti non si offendono, possiamo chiamarla così, senza ovviamente screditarla. E c’è da scommettere che il sistema evolverà molto nei prossimi anni. Si , perché la corsa naturale è un sistema convincente e perché può essere praticata scalzi, così come prediligono gli atleti dell’allenamento funzionale. La Corsa Naturale o Natural Running, è storia recente (come concetto strutturato, su intende) ed è stata codificata dal dottor Mark Cucuzzella, un fisiatra che è professore associato alla Facoltà di Medicina dell’Università della West Virginia. Un runner che ha corso molte maratone in tempi ragguardevoli (attorno alle due ore e venti) e che quindi ha tutto il diritto di essere ascoltato, grazie alle sue credenziali didattiche e agonistiche. Mark ha recentemente aperto un Centro di corsa naturale, corsa che si ispira a quella primitiva, quando non esistevano calzature. Biomeccanicamente, perciò, le condizioni di appoggio sul terreno cambiano un po’. Vediamo di entrare nello specifico e capire cos’è la corsa naturale. Quelle che riporto d’ora in avanti sono le conclusioni e le opinioni di Cucuzzella e del suo team.

PERCHÉ LA CORSA NATURALE
Cucuzzella osservò qualche tempo fa la corsa degli indiani Tarahumar del Copper Canyon, in Messico, indigeni che usavano un tipo di calzatura a suola piatta, e riflettendo sul loro modo di correre, il medico concluse che le scarpe odierne da jogging hanno di fatto cambiato la fisiologia della corsa, rendendola più rigida e più pericolosa per le ossa e le articolazioni del piede, traumi che possono anche riflettersi sulla colonna vertebrale. Il buon Mark stesso, come conseguenza delle 60 maratone corse, accusava forti problemi alle dita dei piedi. L’osservazione degli indiani e una riflessione antropologica di come correvano i nostri antenati – ma anche su come lo fanno i bambini – hanno fatto scattare in lui l’idea che potesse essere praticata una corsa diversa alla quale siamo oggi abituati. Cucuzzella si convince allora che la corsa debba essere tale da appoggiare l’avampiede a terra, escludendo completamente l’appoggio del tallone, e inclinando leggermente il corpo in avanti. Il passo diventa più corto e l’impostazione del corpo meno rigida. La corsa, insomma, diventava – come il dottore stesso afferma – naturale. Per continuare con la vita di Cucuzzella: lui si opera per i danni subiti ai piedi, si allena col nuovo sistema di corsa e chiude la maratona di Boston in 2:27:00, con la corsa naturale, dopo che i medici gli avevano proibito di correre. Un bel biglietto da visita per la sua nuova impostazione! Ma parliamo di scarpe da natural running. Uno dei concetti fondamentali di questa corsa è quello antitetico all’uso delle moderne scarpe da running, che sostengono troppo la volta plantare ed evitano l’utilizzo della molla elastica, garantita proprio dal movimento di flessione ed estensione dell’arco del piede. Il piede umano – informa il team della Natural Running – è stato progettato in modo che le dita siano libere ed estese, in quanto questo permette un equilibrio ottimale nella falcata, ma anche libero di sfruttare la molla della volta plantare. Nelle società industrializzate la forma naturale del piede cambia nel tempo, dentro a una scarpa: i muscoli flessori delle dita si indeboliscono e gli estensori si accorciano, così l’andatura e l’equilibrio naturale sono compromessi. Il colpevole principale è quindi la calzature rigida e il fatto che il tallone sua rialzato. Il tallone posto più in alto delle dita, comprime le dita stesse contro la scarpa, piegandole, e contribuendo alla deformazione del piede. A lungo andare, sembra che la corsa con l’arco del piede sostenuto, porti a una serie di anomalie e patologie muscolo-scheletriche. Primo tra tutti il dolore lombare. Il piede ingabbiato in una scarpa troppo tecnica non riuscirà inoltre a svolgere l’azione di pronazione/supinazione, necessaria per utilizzare le forze di reazione provenienti dal terreno e per adattare il piede a ogni tipo di superficie. L’arco plantare, come si diceva, non deve essere sostenuto, ma appoggiato alle sue estremità, per permettere all’arco stesso di sfruttare l’energia derivante dal movimento “a molla”, garantito dall’ arco longitudinale (cioè l’arco plantare). Questo non significa – racconta Cucuzzella e il suo gruppo – che non dobbiamo più usare scarpe, ma che vengano utilizzate scarpe che garantiscano una maggior libertà al piede. Proprio per questo oggi vengono prodotte scarpe a suola piatta per il natural running.

LA CORSA
Camminare a piedi nudi o con scarpe con suola sottile e piatta, è una pratica assolutamente utile per avvicinarsi alla corsa naturale. In un paio di settimane già si avvertono le differenze (il polpaccio all’inizio è fortemente sollecitato, in quanto si utilizza molto l’avampiede, e quindi mettete in conto per all’inizio farà male). Ma se decidete di provare questo modello di corsa, è utile testare il proprio equilibrio: in piedi, mani ai fianchi e un ginocchio alzato, si mantiene questa posizione per 30″. Si provi anche con gli occhi chiusi. Se non si hanno problemi di bilanciamento allora significa che il piede ha un buon appoggio al terreno e che la propriocezione è ottima e le terminazioni nervose del piede inviano un segnale al cervello, che risponde con un adattamento immediato. Quando comincerete a correre, ricordatevi che tra i principi che regolano la corsa naturale, c’è anche il cosiddetto “elastic recoil”, che starebbe per “rinculo”, o se volete “risposta elastica”, che viene sfruttata grazie alle ginocchia sbloccate (nella corsa naturale le ginocchia sono un po’ piegate) e all’impatto col terreno che restituisce l’energia, grazie alle strutture elastiche del piede e del tendine d’Achille. Così si utilizza maggiormente il polpaccio per la propulsione e la volta plantare come molla. Ma questo avviene se si atterra sull’avampiede e non sul tallone.

CADENZA
Quale cadenza suggerisce la corsa naturale? Può essere difficile da credere, ma la maggior parte delle persone corre al ritmo di circa 180 passi al minuto (ma non sul tapis roulant, che per la sua innaturale circostanza, attiva una cadenza diversa). Diciamo che tutti i runner corrono tra i 150 e i 190 passi al minuto, indipendentemente dalla velocità, perché viene modificata la falcata. E la cadenza di 180, è quella suggerita dal natural running.

CONCLUDENDO
Per tirare le somme, la corsa naturale e quella corsa fatta con le scarpe, ma con l’approccio al terreno come se si fosse scalzi. I quattro principi fondamentali di questa corsa sono:
a) postura (corpo allineato, corpo proteso in alto)
b) appoggio del piede (si atterra sull’avampiede escludendo il tallone)
c) flessione in avanti (il corpo si sbilancia leggermente in avanti nella corsa)
d) cadenza (circa 180 passi al minuto, compiuti planando con leggerezza)

Direi che si può provare. Anzi, vi dico che io l’ho già fatto (e così qualche mio allievo) e, sarà per la suggestione, ma trovo che l’idea non sia niente male e la mia schiena ringrazia. E comunque sono quasi sicuro che da qui a poco, di natural running se ne parlerà molto. Volete approfondire l’argomento? Su youtube (ttps://www.youtube.com/watch?v=zSIDRHUWlVo) c’è Cucuzzella che vi fornirà ottime spiegazioni! Oppure fatevi vedere ai corsi dell’Accademia Italiana Wellness, dove nei moduli di Allenamento Funzionale si tratterà anche di questo metodo. Come trovarci? Facile: info@accademiaitalianawellness.it

Stefano Carlini (direttore didattico dell’Accademia Italiana Wellness, docente Facoltà di Scienze Motorie di Urbino)

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