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La fase del riposo nel running assume una rilevanza prioritaria nella stesura dei piani di allenamento.

L’equilibrio tra la fase di carico e recupero è sempre un aspetto di difficile valutazione perché il suo asse si modifica in continuazione.

Nel caso vi siano numerosi dati circa le preparazioni precedenti eseguite dal corridore e la perfetta conoscenza dei parametri personali, siamo già molto avanti nella valutazione; però si inseriscono altre variabili legate non solo all’attività sportiva che rendono lo studio personalizzato non perfettamente decifrabile.

Per questo motivo bisogna sempre avere sottomano la situazione per monitorare al meglio le condizioni dell’atleta e spostare con precisione le fonti di carico quando ve ne sia necessità.

Si possono utilizzare delle scale numeriche per dare dei coefficienti di carico alle singole sedute e valutare così le somme del carico dei microcicli.

Ciò non è ovviamente sufficiente a valutare in modo esaustivo la situazione reale, lo scambio fra atleta e tecnico è sempre necessario come contributo finale per tarare le giuste coordinate di carico.

Riposo: le due opzioni

Nello sportivo di medio-alto livello si possono considerare due tipi di riposo: quello assoluto e quello attivo.

Il top runner usa spesso delle corse brevi e blande per ossigenare la muscolatura ed aiutarla ad espellere le scorie prodotte negli allenamenti di elevata intensità.

Anch’esso però deve ogni tanto rispettare la legge dello stop, solo in questo modo potrà dare respiro alle sue articolazioni.

L’atleta di livello amatoriale fa bene ad avvalersi del riposo assoluto poiché non ha necessità di sviluppare carichi estremi e quindi il riposo pieno rappresenta un momento dove poter recuperare completamente gli allenamenti eseguiti. In teoria l’alternanza del giorno di corsa al giorno di riposo costituisce uno schema ideale di garanzia anche in ottica di prevenzione degli infortuni.

Dobbiamo però riconoscere che inserire il quarto o quinto allenamento settimanale regala una quota aggiuntiva utile soprattutto in chi ha bisogno di un chilometraggio maggiore in funzione di gare di durata.

È tuttavia necessario concentrarsi maggiormente sul tipo di carico piuttosto che su una fredda analisi dei chilometri corsi o del totale delle sedute di qualità svolte.

Spalmare il carico

Una vecchia concezione voleva l’alternanza di allenamenti massacranti a giorni di riposo assoluto, come per dire: metto il corpo in condizioni di grande difficoltà, ne esco a pezzi, poi gli fornisco il necessario recupero per tornare efficiente, anzi più efficiente di prima.

In realtà questa teoria serve solo a creare una serie di violenze all’organismo e dopo una fase di rapidi adattamenti finisce per entrare in un tunnel di decrescita delle prestazioni e della forma fisica.

Bisogna utilizzare i recuperi quando servono senza aver paura di deallenarsi, ma ancor prima è necessario diluire il carico nella forma migliore. Un allenamento ben strutturato instaura un rapporto ideale con i recuperi corporei.

L’inserimento del riposo regala non solo le garanzie di effettivo recupero energetico, ma soprattutto un recupero muscolare dovuto ai ripetuti impatti con il terreno.

Nel nuoto o nella bici, non avendo microtraumi da appoggio, è semplice poter lavorare più a lungo, anche tutti i giorni, e con ridotti rischi di infortunio. Nel running bisogna avere la consapevolezza che alterare una tabella concepita con la massima attenzione per sfruttare il massimo carico possibile, può creare gravi danni, estremizzarla significa avere pesanti ripercussioni. Spesso è quel qualcosa in più che crea infortuni e/o drastici cali di rendimento.

La stanchezza e gli infortuni

corsa e stanchezzaGli infortuni sono causati da sollecitazioni atletiche che toccano punti dove la tollerabilità diventa a rischio.

Vi sono alcuni elementi da valutare con la massima attenzione poiché da essi scaturiscono gli infortuni:

  • uso improprio della forza
  • scadente coordinazione muscolare
  • aumento inavvertito dell’uso di forza
  • ripetitività eccessiva di alcuni mezzi allenanti
  • volumi esagerati
  • ipersollecitazioni continue e frequenti (troppa densità qualitativa)
  • correre in presenza problemi già manifesti
  • ridotta resistenza dei tessuti per deficit strutturale o da usura
  • modifica dell’assetto basale per presenza di patologie dolorose

Questo un piccolo elenco generale di possibili motivi a cui ricondurre la nascita di infortuni. Consideriamo anche il rischio di cronicizzare i problemi. I ripetuti infortuni nel singolo comparto danno origine a situazioni degenerative.

I tendini e le articolazioni sono zone da tenere nella massima salute. Il liquido sinoviale che riempie la cavità articolare o la cartilagine come elemento connettivo fondamentale per i corretti processi del movimento, vanno salvaguardati perché una volta compromessi c’è poco spazio di guarigione.

Questa nota non vuole spaventare, ma solo chiarire che quando esiste un perfetto equilibrio tra la richiesta ed il recupero si annientano i rischi da infortunio (o quantomeno si riducono drasticamente).

Concependo nel modo giusto le alternanze fisiologiche possiamo effettuare preparazioni anche molto impegnative, nessuna preclusione.

Nel computo delle somme di carico bisogna aggiungere tutte le attività extra-sportive, avendo in mano ciò, si passa a studiare come ottimizzare le fasi di recupero inserendo riposi assoluti, attivi e parziali.

Riposare dormendo

La massima ricerca del riposo possiamo ritrovarla nel sonno, ma non sempre è così. In realtà esistono diverse tecniche di rilassamento anche in stato di veglia e per contro dei sonni agitati e poco ristoratrici.

Chi riesce a “dormire bene” ha comunque una garanzia maggiore di recuperare meglio.

Durante il sonno si ha una quasi completa interruzione dei contatti motori e sensoriali che interagiscono fra cervello ed ambiente facendolo “lavorare” in maniera autonoma (i sogni nascono proprio da questa attività).

La prima fase del sonno è utilissima anche se prende una piccola parte del tempo perché serve ad eliminare tutti i dati inutili che aveva messo in memoria. Questo farebbe pensare all’utilità del “pisolino” pomeridiano, ma è bene che ognuno trovi le sue giuste abitudini. La cosa più importante sta nel trovare una regolarità di orari e di quantità di sonno giornaliero.

Pur essendo un aspetto soggettivo, dormire fra 7 e 9 ore, è senz’altro un riferimento utile da prendere, ancor più per un atleta che deve reintegrare le forze spese negli allenamenti.

Chi lavora facendo turni notturni, non è favorito nel riposo dovendo cambiare gli orari del sonno in continuazione, ma è sufficiente trovare i giusti adattamenti e un buon riposo è senz’altro possibile.

È inoltre importante trovare spazi propri durante la giornata, stando distanti da luce e rumori, ove rilassarsi e poter rilasciare tutta la muscolatura, indurre il cuore ad un’attività minima, e respirare dolcemente ritmando le frequenze diaframmatiche.

Bisogna cercare nostri piccoli momenti nelle intense e frenetiche giornate, dove allentare tensione e stress ed eliminare in principio le tracce che contraggono la muscolatura ed instaurano stati d’ansia.

Scaricare in modo diverso

Mountain bike per recupero attivo del runnerIl riposo del runner può avvenire facendo sport. Ad esempio quando non si vogliono stressare le articolazioni si può andare in piscina e fare una seduta di nuoto per fare attività aerobica e farsi massaggiare dall’acqua.

Oppure si può fare della corsa in acqua per evitare i traumi da impatto a terra.

Un’altra possibilità è quella di lavorare sulla forza in bici. Per aggiungere del lavoro di potenza, ma non volendo sovraccaricare la struttura ossea, il runner può prendere la bici ed eseguire ripetute di forza-resistenza o fare un’uscita con inserite alcune vette da scalare.

Se invece vuole solo defaticare può cercare un giro in pianura da fare ad andatura facile e con rapporto agile. Nel giorno di riposo si può far ricorso anche alla palestra per mantenere in salute il corpo eseguendo una serie di esercizi a carattere generale.

Il troppo riposo

Tempo fa erano state scritte molte pagine sullo sportivo della domenica e cioè di quella persona che fa sport (e magari ad alte intensità) solo una volta la settimana.

Si parlava dei numerosi rischi a cui andava incontro ed il parere dei medici era contrario a tale tipo di attività.

Chi esegue sport una volta la settimana dovrebbe limitarsi ad uscite soft come passeggiate più o meno lunghe al massimo alternate a qualche piccolo tratto di corsa blanda. Correre un giorno e riposare i sei successivi crea certamente adattamenti all’organismo, ma non c’è un giusto rispetto dei processi adattativi. Chi riesce a correre una volta a metà settimana oltre alla domenica, si può permettere già un tipo di allenamento minimamente costruito, ma è chi riesce a ricavare 3 spazi settimanali che può garantirsi un’ideale rapporto benefico.

Poter fare attività atletica il martedì, giovedì e domenica costituisce uno schema ideale per ottenere grandissimi benefici per il corpo. In quel telaio ci si può concentrare sulla cura delle minime, ma sufficienti qualità, che garantiscono piena efficienza.

Uno schema settimanale con 3-4 allenamenti e 3-4 riposi rappresenta per l’amatore un ottimo equilibrio tramite cui raggiungere i propri obiettivi, mettersi al riparo da ricorrenti infortuni ed avere una salute di ferro, quella che dovrebbe possedere ogni vero sportivo.

La corsa non è stress psicofisico, ma una fonte da cui attingere per avere un corpo ricco di salute e benessere.

Massimo Santucci
Istruttore FIDAL

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